La diastasi addominale è un disturbo molto frequente tra le donne che hanno partorito da poco, pur potendo coinvolgere anche altri individui e per le cause più svariate. E’ una condizione che non mette in pericolo di vita ma che ne può peggiorare la qualità. Da qui, la necessità di procedere con trattamenti mirati, che nella peggiore delle ipotesi conducono a un intervento di addominoplastica per la correzione della diastasi addominale.
Ne parliamo qui, fornendo una panoramica di questo disturbo, della sintomatologia, del trattamento.
Cos’è la diastasi dei retti addominali
Con l’espressione diastasi addominale o dei retti addominali si intende la distanza eccessiva tra i muscoli addominali destri e i muscoli addominali sinistri. O, per meglio dire, l’iperestensione del tessuto posto al centro, che è composto da micro-sezioni chiamate “retti”.
La prima causa della diastasi è la gravidanza. Per certi versi, è un processo fisiologico, che consente all’apparato muscolare addominale della donna di adattarsi alla crescita del feto. Tuttavia, il fenomeno diventa patologico quando persiste oltre i tre mesi dal parto. In quel caso, la diastasi rischia di diventare permanente, o di andare incontro a un processo di remissione estremamente lento.
Esistono fattori di rischio che rendono più probabile la diastasi. In primis, l’età avanzata, superiore ai 35 anni, che si accompagna generalmente a un tessuto muscolare meno tonico e reattivo. In secondo luogo, la presenza di un feto particolarmente voluminoso e pesante, che costringe l’apparato muscolare della donna a un processo di riadattamento più impegnativo. Infine, l’acquisizione eccessiva di peso durante la gestazione.
Va specificato che la diastasi addominale non è un’esclusiva delle donne che hanno appena partorito. Può interessare anche altre categorie di persone. Per esempio, chi soffre di obesità grave, gli anziani interessati da perdita di tonicità, chi soffre di tosse cronica (che mette a dura prova i muscoli addominali), chi soffre di malattie degenerative del tessuto muscolare.
Cosa significa vivere con una diastasi addominale
La diastasi addominale in fase avanzata genera tutta una serie di sintomi fastidiosi e capaci di compromettere la qualità della vita.
Il sintomo più comune è il mal di schiena, che è causato dallo scarso supporto alla stazione eretta da parte dei muscoli addominali. Si potrebbero avvertire inoltre incontinenza, gonfiore di stomaco, difficoltà digestive, senso di pesantezza, peristalsi evidente a occhio nudo.
Ma i disagi sono anche estetici. Nella maggior parte dei casi, la diastasi addominale genera la comparsa di un “bozzo” in corrispondenza della fascia centrale, che molti giudicano antiestetico. In gergo è noto come “palloncino addominale”.
Nelle fasi meno avanzate, invece, la diastasi addominale passa quasi inosservata, o genera sintomi aspecifici, sovrapponibili a tante altre patologie. E’ possibile però verificare in prima persona la presenza della diastasi addominale. Basta un semplice esercizio.
- Distendetevi a pancia sopra, portando le ginocchia in alto ma piantando i talloni per terra.
- Ponete una mano al centro della pancia, dove avvertire (in ogni caso) una rientranza.
- Sollevate il busto come a dover effettuare degli addominali.
- Se non avvertite, al di sotto della mano, alcuna contrazione allora soffrite di diastasi addominale.
I trattamenti
Al di là delle verifiche individuali, è necessario il supporto di un esperto anche in fase diagnostica. Se non altro, per comprendere la gravità del disturbo ed elaborare un piano di trattamento efficace, se possibile poco invasivo.
Il trattamento più leggero consiste nella fisioterapia, che si svolge generalmente a corpo libero. Nello specifico, consta di esercizi che stimolano la fascia addominale centrale e, allo stesso tempo, “impongono” un riavvicinamento di quelle laterali.
La fisioterapia è indicata nei casi più lievi.
L’intervento chirurgico per la risoluzione della diastasi addominale è tecnicamente un’addominoplastica. Consiste nella cucitura delle fibre muscolari o nella loro stabilizzazione mediante una rete naturalmente assorbibile.
L’intervento viene eseguito in anestesia generale, dura un paio d’ore, più raramente quattro. Il decorso è piuttosto agevole, giacché poco prima delle dimissioni la medicazione fa spazio a una semplice guaina elastica.
Il rischio di complicanze è minimo. Esse coincidono con quelle di qualsiasi altro intervento della medesima gravità: ematomi, infezioni, sanguinamenti. Stiamo parlando comunque di fenomeni rari e facilmente gestibili.