Non è sempre facile distinguere una religione da una setta: occorre infatti ricordare che la “setta nasce in opposizione alla religione e cultura prevalenti in una società“: nelle sette, talvolta vengono coinvolti membri fortemente motivati. Le differenze, spesso invisibili all’inizio, possono avere conseguenze enormi nella vita di chi ne entra a far parte. Ed è proprio questo il punto: capire in tempo dove finisce la spiritualità e dove inizia il controllo. Oggi vogliamo parlare dell’argomento raccontando un’esperienza: quella di Luca Catanoso, ex Testimone di Geova, che viene affrontata anche nel libro Testimoni di Geova e Bibbia: Setta o Vera Religione e nell’articolo “Chi sono i Testimoni di Geova“.
Differenze tra religione e setta
La religione, nella sua forma più sana e aperta, è una struttura spirituale che offre risposte esistenziali, senza però imporsi sulle scelte individuali. Le religioni storiche, pur con tutte le loro contraddizioni, tendono a lasciare spazi di interpretazione, dibattito, riforma. Sono comunità che, idealmente, uniscono: non cercano di dividere a tutti i costi. Quando vi è rispetto per la libertà di pensiero, quando l’uscita non comporta ostracismo o ritorsioni, e quando la spiritualità non diventa uno strumento di potere, si è probabilmente davanti a una religione nel senso più nobile del termine. Siamo di fronte a un complesso di credenze, di riti, di vissuti: ad oggi troviamo le posizioni teiste (che credono nelle divinità) e ateiste (che non credono nelle divinità). La parola deriva dal termine latino relìgio, la cui etimologia è ancora oggi oggetto di studio: religāre dal latino significa “legare”, in questo caso ai valori o ai principi.
Al contrario, il termine “setta” porta con sé una connotazione negativa, ma tecnicamente indica un gruppo separato da una dottrina madre. Il vero problema nasce quando questa separazione coincide con una chiusura estrema verso il mondo esterno. Le sette non si limitano a predicare: vogliono controllare. Controllano le emozioni, le relazioni, le informazioni, le scelte. Sono organizzazioni che impongono regole rigide, spacciandole per amore o protezione divina, ma che in realtà soffocano la libertà e l’identità individuale.
A questo punto è doveroso chiedersi: come riconoscere le caratteristiche delle sette? Ci sono segnali ricorrenti: la presenza di un leader carismatico infallibile, la demonizzazione del “mondo esterno”, la paura di uscire, il senso di colpa costante. Le sette chiedono sacrifici sempre più grandi, senza offrire in cambio un’autentica crescita personale, ma solo l’illusione di appartenenza e salvezza. Anche alcune religioni riconosciute possono assumere caratteristiche settarie, soprattutto quando si chiudono al dialogo o iniziano a manipolare i propri fedeli. Il confine, a volte, è labile. Ecco perché è fondamentale esercitare senso critico e informarsi, anche nei confronti delle istituzioni più grandi e consolidate. Ricordiamo, infatti, che i Testimoni di Geova sono un “movimento religioso cristiano, teocratico, millenarista e restaurazionista”.
L’esperienza con i Testimoni di Geova di Luca Catanoso
Dopo aver visto la differenza tra setta e religione, vogliamo parlare dell’esperienza di Luca Catanoso, ex Testimone di Geova. Sappiamo infatti che sono conosciuti per l’attività di predicazione porta a porta, il rifiuto del servizio militare e delle trasfusioni di sangue, e una struttura interna molto gerarchica. Racconta Catanoso di essere sempre stato contrario a qualsiasi religione, ma in una fase della sua vita è stato avvicinato dai Testimoni di Geova con gentilezza, ascolto, e risposte che sembravano logiche. Per un po’, quindi, ci ha “creduto”: di credere in una religione diversa, pura, onesta.
Con il tempo, però, la realtà si è rivelata per quella che era: isolamento, condizionamento, senso di colpa costante. I rapporti con amici e familiari si basavano su ciò che decideva l’organizzazione. Ogni dubbio era considerato un peccato. Ogni domanda, una ribellione. Il processo da “sostenitore” a “oppositore” non è stato immediato, anche perché per un periodo ha cercato di far conciliare fede e razionalità. Ma, alla fine, lo spirito critico ha avuto il sopravvento, ed è il motivo per cui si impegna a raccontare queste dinamiche per aiutare chi si trova nella stessa situazione.
Ma perché lo stiamo dicendo? Perché i pericoli delle “sette” sono tanti, troppi: danni sociali, morali, patrimoniali e psicologici. Le conseguenze di una dinamica settaria possono essere devastanti. Perdere la propria identità è solo l’inizio. Si rischia di compromettere le relazioni familiari, la carriera, la stabilità economica e la salute mentale. Si vive nel costante terrore di sbagliare, sotto la pressione di regole arbitrarie che cambiano a seconda dei vertici. Il controllo può arrivare persino a rovinare la vita personale e professionale. Ci sono persone che hanno perso il lavoro per aver messo in discussione la dottrina. Altri che non possono più parlare con genitori, figli o amici perché “disassociati”. Alcuni arrivano a stati depressivi gravi, altri, purtroppo, non riescono a sopravvivere al senso di colpa e isolamento. Questo non è solo un problema religioso: è una questione sociale, culturale, umana.
Comprendere la differenza tra una religione e una setta non è un esercizio teorico: è un atto di autodifesa. Viviamo in un’epoca in cui l’informazione è alla portata di tutti, ma proprio per questo servono strumenti per distinguere tra verità e manipolazione. Nessuno è immune dal fascino di una risposta semplice a un problema complesso. Ma è proprio lì che si annida il rischio. Restare vigili, coltivare il dubbio, mantenere viva la curiosità: sono queste le vere armi contro le derive settarie. Perché la spiritualità, se esiste, dovrebbe liberare. Non imprigionare.